Sono gli anni Ottanta, l’Italia è investita da mille culture che arrivano da ogni parte del mondo. L’impegno politico e sociale che ha caratterizzato gli anni precedenti sembra aver abbandonato le generazioni più giovani, che adesso guardano alle mode estere più che alla politica. Questo emerge con forza nei generi musicali e, ancora più, nella moda. I giovani, specialmente nell’area metropolitana di Milano, si fanno influenzare dalle mode d’oltreoceano, ma con una particolarità. I capi scelti dai giovani, che frequentano le paninoteche in stile statunitense e per questo iniziano a farsi chiamare paninari, sono gli abiti della classe operaia. E fra questi, anche i mitici scarponcini Timberland, che in breve diventano vere e proprie icone: gli Icon Timberland.
Al tempo dei paninari, quando nacquero le Icon di Timberland
Essere paninaro negli anni Ottanta significa appartenere a una generazione ben precisa. Oggi, ai più giovani quello stile può apparire lontano, figlio di un tempo in cui la globalizzazione era solamente una premessa e lo svolgimento ancora un capitolo da scrivere. Eppure, già allora la moda iniziava a parlare americano.
Non solo nel campo dell’abbigliamento, ma nell’intero fenomeno culturale e sociale. I paninari mangiano come gli americani, servendosi presso i primi bar che servono panini preparati con l’hamburger. Tempi in cui il McDonald’s ancora non era arrivato in Italia – il primo fu aperto a Roma solamente nel 1986 – ma già era conosciuto fra i più attenti alle culture estere.
La musica che fa da sottofondo a questo fenomeno è quella dei Duran Duran, degli Spandau Ballet, di Michael Jackson e di Madonna. Al cinema i paninari si innamorano di Maverick, in Top Gun, e si eccitano con Sylvester Stallone, sia nei panni di Rambo che in quelli di Rocky Balboa.
L’abbigliamento, pertanto, diventa funzionale a questo fenomeno. Lo stile è riconoscibilità e questa deve avvenire per mezzo di brand di lusso, riconosciuti e riconoscibili da parte degli altri paninari. È la fortuna di molti brand, alcuni dei quali iniziano a diffondersi proprio in quegli anni in Italia e di altri che, tutto sommato, non se la passavano benissimo fino ad allora. Vediamo qualcuno dei capi diffusi fra i paninari degli anni Ottanta.
I Levi’s, il denim del vero paninaro
Intendiamoci, il denim è un tessuto conosciuto e apprezzato da sempre in Italia. I paninari, tuttavia, fanno una scelta chiara: si chiama Levi’s 501. Non un semplice brand, ma una collezione di jeans che hanno fatto la storia di questo capo: nati come pantaloni da lavoro, i 501 richiamano al selvaggio west, quando l’abito non era semplicemente moda ma esigenza di indossare un capo capace di resistere alle intemperie e all’usura. Cos’hanno i cowboy del Far-west in comune coi paninari? Difficile a dirsi, ma intanto il denim diventa diffusissimo in questa cultura, non soltanto per i pantaloni, ma anche per altri capi d’abbigliamento come le giacche di jeans.
Le Timberland, lo scarponcino da lavoro
Se i jeans sono il pantalone da lavoro, ai piedi non possono mancare le scarpe da lavoro. E la scelta, pertanto, è obbligata: scarponcini Timberland. Scarpe che, proprio in quegli anni, arrivano in Italia per fare la storia di un‘azienda che, fino ad allora, era pressoché sconosciuta agli italiani. Sono scarpe particolari, tutte in pelle e dal caratteristico colore giallo, che piacevano specialmente se invecchiate. Al punto che, si narra, i paninari le mettessero in forno per renderle più vissute.
Non sono solamente gli scarponcini da lavoro a farsi strada fra i paninari. Anche le prime scarpe da barca, infatti, raccolgono successo e diventano apprezzate dai paninari, che le indossano con o senza calzino ben in vista, com’era di moda in quegli anni.
Le felpe Best Company rigorosamente colorate
Se il Moncler è la giacca d’ordinanza per i paninari, le felpe Best Company è il capo da indossare, sia che si tratti di un gallo che di una squinzia, come si facevano chiamare rispettivamente i ragazzi e le ragazze dell’epoca, la felpa non può mai mancare. Per la loro scelta, non solo il logo della casa d’abbigliamento deve essere sempre ben visibile, anche al di sotto del piumino, ma deve essere evidenziato il più possibile con colori sgargianti come il giallo, il viola, il verde o il fucsia.
Il Moncler, dalla montagna ai paninari
Il paninaro, in maniera piuttosto inaspettata, si innamora del piumino in piuma d’oca. Fra gli altri brand, è il nome di Moncler a svettare su tutti. Quelle del marchio, allora francese e oggi italiano, sono giacche pensate per la neve e, per questo, caratterizzate da colori sgargianti, che possano risaltare sulle distese immacolate delle stazioni sciistiche di Courmayeur e altre mete turistiche di lusso. I paninari, tuttavia, non si curano del colore, né della forma bombata che li rende somiglianti all’omino Michelin, come prendono a chiamare i paninari quelli delle generazioni più adulte. Le indossano sulle loro felpe, a completamento di un look allora stravagante eppure diffusissimo.
I Ray-Ban di Maverick atterrano tra i paninari
Se il tenente Pete Mitchell, il pilota Top Gun spericolato e talentuoso, è un mito per i giovani paninari, i suoi occhiali non possono essere da meno. I classici Aviator, fino ad allora celebri soprattutto nei gruppi neofascisti, diventano ora icona di stile. E non sono gli unici: a essi, infatti, si affiancano anche i Caravan, indossati dal navigatore di Maverick, Goose. Grazie a questo successo inaspettato, all’indomani della proiezione del film nelle sale cinematografiche, Ray-Ban aumenta le proprie vendite di ben il 40%, a dimostrazione di quanto la cultura dei paninari si diffonda rapidamente e con quanta invasività.
Questa è la moda che ha reso celebri i paninari, in tutte le loro sfaccettature. Brand in bella vista, abbigliamento curato fin nei più minuti dettagli e una storia rigorosamente italiana che ben presto si è diffusa anche in altre parti d’Europa, facendo la fortuna di tanti brand.
Un tuffo nel passato…
Grazie!!!